genovese classica

Genovese: il ragù di cipolle napoletano

Il ragù alla genovese è uno dei capisaldi della cucina partenopea. E’ vera e pura tradizione. Solo per palati veraci, per chi ama i sapori forti. Se fatto bene, regala a chi lo assaggia esperienze mistiche!!

Credo di non poter essere smentita se dico che ci sono solo un paio di regole da seguire attentamente:
1. La quantità di cipolle deve essere il doppio di quella della carne
2. La pasta ideale da condire con la genovese è un taglio chiamato Candela che va spezzato a mano (un tipico formato campano)
Detto questo ecco la ricetta che “da sempre” facciamo a casa mia:
Candele di Gragnano
1 kg di polpa di vitello tagliata a pezzettoni grossi
2 kg di cipolle ramate di Montoro I.G.P.
1 costa di sedano tritata per il soffritto
2 carote grosse tritate come il sedano
2 foglie di alloro secco
1 bicchiere di vino bianco secco
1 cucchiaio di concentrato di pomodoro
olio extra vergine d’oliva
pepe
sale
acqua fino a superare di 2 dita la quantità di carne e cipolle nel tegame
Come il ragù classico di pomodoro, anche la genovese si esprime al meglio con una lunghissima cottura, per essere più precisi 6 ore circa. Cominciamo tagliando tutte le cipolle. E’ un’azione “commovente” a dir poco, ma va fatta!! Ora in un tegame mettiamo un bel filo d’olio extra vergine d’oliva con il sedano e le carote, lasciamo cuocere a fuoco medio per 5 minuti circa e caliamo la carne a pezzettoni facendola sigillare rosolandola da tutti i lati.
Sfumiamo con il vino bianco e facciamolo restringere tutto. Aggiungiamo le cipolle, il concentrato di pomodoro ed una bella macinata di pepe nero. Abbassiamo il fuoco al minimo e facciamo appassire un pò le cipolle. A questo punto aggiungiamo l’acqua, il sale q.b. e le foglie di alloro. Copriamo con un coperchio la pentola lasciando uno spiraglio aperto per far fuoriuscire i vapori della cottura e abbassiamo il fuoco al minimo. Lasciamo cuocere per circa sei ore, mescolando delicatamente
di tanto in tanto.
La pasta ideale ve l’ho detto è questa, da spezzare rigorosamente a mano dopo averla intaccata leggermente con un coltello:
E’ l’apoteosi, ve l’assicuro.

genovese

Il ragù alla genovese

Ed ora passo la parola ad Alessandro del blog EnoItaca:

“In abbinamento alla tua invitante ricetta proporrei un vino bianco di buona struttura, ricco di acidità e sapidità per bilanciare la spiccata tendenza dolce del piatto, come ad esempio un Greco di Tufo

Origini del nome “genovese”
Le ipotesi sono diverse: la prima ci fa andare indietro nel tempo, al periodo aragonese; sembrerebbe che, all’epoca, il porto pullulasse di bettole tenute da cuochi genovesi. Tra i piatti che venivano serviti, vi era una particolarissima pietanza, un sugo a base di cipolla e di un pezzo di carne intero detto “o tucc”. Il piatto si sarebbe chiamato “genovese”, quindi, per l’origine di questi cuochi.
Una seconda ipotesi attribuisce la creazione della genovese alla genialità di un cuoco di una delle migliori trattorie di Napoli; il cuoco, napoletano al 100%, era però soprannominato ‘o genoves’, da cui il nome del piatto.
Volendo dare un po’ di certezze ai nostri tentativi di risolvere il mistery, ebbene nel trattato “Cucina teorico pratica” di Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino, pubblicato a Napoli nel 1839, si parla ufficialmente di genovese. Rappresenta un punto fermo in questa strana storia!
Ad ingarbugliare ulteriromente la situazione, vi è poi un’altra pista: questa porta a Ginevra e ci allontana da Genova; il termine “genovese” deriverebbe non da Genova, ma dal francese Geneve, Ginevra, la città svizzera. Ai più questa interpretazione non piace, in considerazione della fama non eccelsa della cucina svizzera…
Concludiamo con un’ulteriore ipotesi, ipotesi che riporterebbe il tutto “verso Genova” e sposterebbe indietro nel tempo l’origine di questo piatto: in un antichissimo (quattordicesimo secolo) libro di cucina napoletano in lingua latina, “Liber de coquina”, vi è una ricetta a titolo “De tria ianuensis”, tradotto in “La tria genovese”. Con il termine tria sembrerebbe che all’epoca si intendesse la pasta. La ricetta poi parla di un sugo preparato con le cipolle e con la carne. Ci siamo? Forse, ma rimane la domanda: perchè “genovese”?

fonte QUICAMPANIA

Info sulla Cipolla Ramata di Montoro I.G.P.

Com’è fatta.

La Cipolla Ramata di Montoro è coltivata e prodotta da secoli nella zona del Montorese comune di confine tra la provincia di Avellino e la Provincia di Salerno.
La selezione e la costituzione di questo ecotipo è avvenuta grazie alla intraprendenza e laboriosità dei contandini della zona.
La Cipolla Ramata di Montoro è così chiamata per i luminosi riflessi ramati delle tuniche esterne che la ricoprono, dalla forma che và dal globoso a trottola ed il globoso tendente al piatto e dalle sue particolari catafille interne che sono bianche ben serrate e con sfumature longitudinali color viola, è dolce, profumata, sprigiona un’intensa e caratteristica aromaticità con un delicato e persistente gusto dal sapore inconfondibile che la fa apprezzare sia cruda che nelle più svariate proposte culinarie, si esalta nelle preparazioni caratterizzate da lunghe cotture grazie ad una fibra tenace e particolarmente resistente che si conserva in tutta la sua fragranza.
Ama terreni con un buon drenaggio e particolarmente ricchi in sostanza organica.
Originaria della zona di Montoro Inferiore, da qualche anno la coltivazione di questo pregiato bulbo si è diffusa anche in altri comuni della provincia di Avellino e Salerno situati in prossimità dei Monti Picentini comprensorio Valle dell’Irno.
E’ inserita negli specifici elenchi del Ministero Politiche Agricole e Forestali (Elenchi regionali e provinciali dei prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Campania) dal DECRETO 8 settembre 1999, n.350, ed è tra i prodotti agroalimentari di riferimento per il comparto ortofrutticolo Regionale.

La Cipolla Ramata di Montoro rispetta l’ambiente.

Da oggi, i consumatori hanno la certezza che la Cipolla Ramata di Montoro è stata coltivata seguendo una buona pratica agricola.
Infatti, il disciplinare di produzione della Cipolla ramata di Montoro impartisce le regole di produzione e di coltivazione rispettosi dell’ambiente utilizzando anche tecniche alternative ai prodotti chimici.
Gli ispettori dell’ ISMECERT ( Istituto di Certificazione Mediterraneo) controllano tutto il processo produttivo e assicurano il consumatore che i valori dei residui degli agrofarmaci siano ben al di sotto dei limiti stabiliti dalla legge.
Perchè rispettare l’ambiente, vuol dire rispettare te.La Cipolla Ramata di Montoro è controllata.
La Cipolla Ramata di Montoro viene commercializzata con un unico Marchio Collettivo Geografico la cui funzione è quella di assicurare l’origine del prodotto da un territorio definito: è quindi uno strumento di valorizzazione per il produttore e di garanzia per il consumatore.
Qualità”. Ecco perché ci impegniamo al rispetto del disciplinare di produzione nonché ai rigorosi controlli che l’ISMECERT effettua nelle fasi di produzione, confezionamento e trasporto.
Inoltre, per una maggiore tranquillità i nostri tecnici effettuano controlli a campione sul prodotto con una scrupolosità che ci permette di garantire sempre prodotti sani, genuini e salubri.La Cipolla Ramata di Montoro è garantita.
La Cipolla Ramata di Montoro ha una storia e solo il prodotto accompagnato dal Marchio Collettivo Georafico può raccontartelo.
Sull’etichetta che accompagna la Cipolla ramata di Montoro è riportato un codice che serve ad identificare il luogo di coltivazione, il produttore, i metodi produttivi, chi ha selezionato e confezionato il prodotto.
Cosi’, noi produttori siamo certi di fornire tutte le rassicurazioni sulle produzioni a ” Marchio Collettivo Geografico”
“In amore, come in cucina, ciò che è fatto troppo in fretta è fatto male”
                                                                           Anonimo



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